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C’è un luogo, tra le pieghe verdi del Mugello, dove la terra prende forma con lentezza e dignità. Un luogo che profuma di legna bruciata, mani callose e gesti antichi. Si chiama Terrecotte Cestenoli, ed è molto più di un’azienda: è una bottega del tempo, una fucina di bellezza e memoria, scavata nella località di Casenuove Taiuti, a dieci minuti dall’uscita autostradale di Barberino del Mugello.
Qui, da oltre 45 anni, la terra viene domata con fuoco e pazienza. Vasi, orci, pigne, colonne, leoni da giardino: tutto parla un linguaggio che resiste all’oblio dell’industria. Ma nei giorni scorsi l’acqua è arrivata senza bussare. Ha travolto tutto. L’alluvione ha sfondato i cancelli, trascinato via pezzi, imbrattato il cuore stesso del laboratorio.
Eppure, la storia di Cestenoli non si ferma al fango. Gli artigiani sono tornati, uno a uno, a rimettere in piedi le cose, a ripulire, a riscaldare il forno. Non chiedono carità. Offrono uno sconto: il 30% su ogni vaso in terracotta se ritirate in sede. Alcuni portano addosso la memoria della piena – un velo di polvere, una macchia sul fondo – ma è come una cicatrice su un volto amato: non toglie bellezza, la aggiunge.
È per questo che noi di Io Compro Toscano vi invitiamo ad andarli a trovare. Non solo per comprare, ma per vedere con i vostri occhi cos’è la forza di una comunità che non si arrende. Portate a casa una pigna leggermente fangosa, un vaso con il segno del tempo. Sarà come portare a casa un frammento della Toscana che resiste, che non si lascia travolgere, che rifà il fuoco e riprende a plasmare.
Perché sostenere Terrecotte Cestenoli è un atto di amore verso la nostra terra. Verso chi la lavora. Verso chi, nel silenzio del Mugello, tiene viva la scintilla fragile e testarda dell’artigianato.
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📍 Indirizzo:
Loc. Casenuove Taiuti 45
50038 Scarperia e San Piero (FI)
(10 minuti dall’uscita autostradale di Barberino del Mugello)
📞 Telefono:
+39 346 157 3820
🔗 Sito web: Cestenoli, Terrecotte Artigianali Firenze

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Storia di un’impresa artigiana nata dall’amore per gli animali e per il legno
Ci sono voci che si fanno strada senza clamore.
Non gridano, non spingono, ma restano impresse.
E ci sono mani — ruvide, precise — che costruiscono mondi dove prima c’era solo spazio vuoto.
A Prato, nel cuore operoso della Toscana, una di queste storie prende forma e profuma di legno vero, di resina, di rosmarino e vernice naturale.
È la storia di Zara Design, e di una donna che ha saputo unire affetto e mestiere, intuizione e coraggio. Una donna che ha lasciato una solida impresa edile di famiglia per creare con le sue mani camere su misura per cani e gatti, oggetti che non si limitano a dare confort ai nostri pelosetti, ma sono veri e propri elementi di arredo.
Tutto comincia per amore.
Zara è il nome di un terranova dal pelo scuro e dallo sguardo buono, colei che ha ispirato il nome dell'azienda. Era difficile trovarle una cuccia all’altezza: troppo piccole, troppo fredde, troppo anonime. Così lei — l’artigiana, la padrona, la visionaria — ha deciso di costruirne una da sola. E come spesso accade, quando qualcosa nasce da un bisogno vero, prende radici profonde e trova spazio nel mondo.
Da lì è iniziata un’avventura che dura da sei anni e che oggi ha un nome, un laboratorio, una vetrina su strada, aperta lo scorso agosto in Piazza Mercatale a Prato. Mentre troppi chiudevano, lei ha aperto. In controtendenza. In piena estate. Piena di fiducia.
Un fondo che diventa bottega e laboratorio
Quel fondo, all’inizio, era polvere e pareti spoglie. Ma dove altri vedevano problemi, lei ha visto possibilità. Ha tolto ciò che era superfluo, lasciato entrare la luce, diviso lo spazio: una parte showroom, con vetrina su strada, per chi si ferma e vuole toccare con mano. Una parte laboratorio, dove il legno prende vita, si lavora a mano, si trasforma in cucce, lettini, arredi pensati per accogliere.
Ogni pezzo è unico, realizzato su misura, sciabbato in stile retrò oppure si può scegliere tra 14 colori monocromo, ognuno scelto per adattarsi alla casa e al gusto del cliente.
Non si tratta solo di cucce: volendo sono camere complete per cani e gatti, con dettagli curati, modelli ispirati, e una sensibilità che si coglie in ogni giunzione, in ogni vite nascosta. C’è un equilibrio tra il gusto retrò e la funzionalità moderna. Il bello, qui, serve. Io inizialmente perplesso mi trovo rapito tra la bellezza di questi oggetti che fanno capire chiaramente quanto oggi gli animali siano parte della famiglia, nel nostro cuore.
Design che viaggia e parla
Oggi, da Prato, i suoi prodotti viaggiano in tutta Europa. Francia, Germania, Olanda ed ovviamente anche in Toscana. La bottega si è aperta al mondo grazie ai social: basta uno sguardo al catalogo online per innamorarsi. I clienti scelgono modello, misura, colore e personalizzazioni varie. Patrizia, che conosce bene il mondo della casa, sa aiutarvi a calare perfettamente il prodotto in base al vostro arredamento, per diventare parte integrante di un ambiente che rispetta l’animale e lo valorizza.
"Mi sento un’artista, e finalmente compresa", racconta con un orgoglioso sorriso. E quel sorriso racconta più di tante parole. Perché chi lavora con le mani, con la testa e con il cuore, prima o poi viene riconosciuto. E personalmente sono sempre felice di vedere aziende realizzate, che innovano e che trovano risposte positive da un mercato sempre più complesso. Sono felice di dar visibilità e spazio a chi torna al territorio.
Legno, passione e cura
Nel laboratorio si respira un’aria particolare. L’odore della resina, il suono della carta vetrata, la luce calda delle lampade da banco. La porta è sempre aperta, la musica in sottofondo e talvolta, se siete fortunati, potete trovare Zara. I passanti si fermano, osservano, chiedono. Alcuni entrano per curiosità e tornano per acquistare. Chi compra da Zara Design non acquista un prodotto standard, ma un pezzo di artigianato vivo. Un oggetto che nasce da un amore profondo per gli animal. Shiva, il gatto di casa: dispettoso, elegante, sempre pronto a testare i prototipi con l’aria di chi detta legge.
Un’impresa che parla di futuro
Non è solo questione di bellezza. Patrizia ha dato vita ad un’impresa che ha un’anima. Che lavora per il benessere animale. Che collabora con associazioni, realizza progetti per rifugi, immagina ambienti pensati per accogliere anche chi non ha voce.
E il sogno continua. Patrizia è un vulcano e chissà forse, un giorno, ci sarà un’espansione. Non risponde direttamente alla mia domanda ma mi fa capire che se sarà non dovrà perdere la forza il tocco artigianale, non dovrà rinunciare al legno massello vero, alla lentezza buona del lavoro fatto bene.
Comprare toscano è scegliere storie che durano
Chi esce dal laboratorio di Prato porta con sé qualcosa che va oltre il prodotto, qui c'è la nostra cultura che si reinventa per rispondere ai tempi moderni. Porta a casa una parte di Toscana: la sua dedizione, il suo sapere manuale, la sua eleganza silenziosa.
E in un mondo che corre, che produce in serie e dimentica, questa storia insegna il valore del rallentare, dell’ascoltare, del costruire con amore.
La prossima volta che passate da Prato, fate un salto in Piazza Mercatale. Fermatevi davanti a quella vetrina luminosa. Entrate. Ascoltate. Guardate. Toccate. Anche se non avete un amico a quattro zampe merita comunque.
Perché il bello, quando nasce da un’idea d’amore, lascia il segno.
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La storia che voglio raccontarvi oggi comincia in un silenzio pieno. Un silenzio di mani che lavorano, di gesti antichi, di fibre che si incrociano come strade di un villaggio dimenticato. È la storia di Mario Forciniti, un uomo che ha intrecciato il proprio destino con la bellezza nascosta di un mestiere millenario. Ma per raccontarla, bisogna cominciare da lontano.
Calabrese d’origine, figlio dell’Italia dura e rocciosa, Mario nasce però tra le geometrie rigorose della Germania, dove cresce sotto cieli dritti e ritmi precisi. La vita lì è programmata, efficiente, pulita. Ma anche distante. Così, un giorno, alla soglia del nuovo secolo, Mario sente il richiamo di qualcosa di diverso. Più umano. Più vicino alla pelle. Lascia tutto e arriva in Toscana — terra di colline incerte, di nebbie mattutine, di artigiani e ulivi. Terra dove si può sbagliare, respirare, vivere.
Lo incontrai a Marcialla, borgo quieto che respira tra le pieghe del Chianti, in un laboratorio che pare una bottega del Rinascimento. Aveva le mani leste e agili e lo sguardo pieno di una luce che riconosci solo in chi ha finalmente trovato il proprio posto nel mondo.
La svolta, mi racconta, avviene otto anni fa. Sta lavorando in albergo, una stagione come tante, quando un’amica del suo compagno — un’intrecciatrice che lavora per conto terzi — lo chiama per una commessa urgente. Gli serve aiuto, e Mario accetta. Si siede, prende in mano quel materiale vivo, duttile, dal profumo di tradizione. E succede l’inatteso. Le sue dita si muovono come se avessero sempre saputo farlo. Come se quel sapere antico fosse rimasto silenziosamente nascosto dentro di lui, in attesa di riemergere. Un sapere che non viene insegnato, ma riconosciuto.
Da quel momento non si ferma più. Nasce così Forciniti Intrecci d’Arte, laboratorio e santuario del gesto. Un luogo dove si fa resistenza con ago e trama, dove ogni borsa è un canto sommesso alla bellezza del fatto a mano. Nulla a che vedere con il lusso senz’anima: qui le borse hanno cuore. Sono oggetti vivi, che raccontano storie di paesaggi, di stagioni, di mani laboriose.
Oggi i suoi intrecci piacciono ai grandi marchi della moda, che gli chiedono collezioni su misura. Ma Mario non si è mai lasciato sedurre dal palcoscenico. Continua a lavorare nel suo laboratorio, in silenzio, progettando, tagliando, tessendo. Realizza anche la sua linea personale, che vibra di autenticità e bellezza senza tempo. Una borsa di Mario è come una poesia contadina: genuina, elegante ed essenziale.
Eppure, non è tutto. C’è anche un’urgenza, un grido sottile in ciò che fa. In Toscana, Mario è forse l’ultimo a praticare quest’arte applicata all’abbigliamento. I marchi lo cercano per creare le loro linee, sì, ma poi devono produrre altrove, nelle Marche, dove ancora esistono artigiani. Così lui rilancia, cercando apprendisti, intrecciatori, anime disposte a imparare. Perché sa che un’arte muore non quando nessuno la pratica più, ma quando nessuno la trasmette.
Le sue creazioni non sono solo borse. Sono pezzi di paesaggio. Quando le tocchi, senti il fruscio degli olivi, l’eco delle botteghe medievali, il profumo dei mercati all’alba. Sono oggetti da tenere, da far invecchiare con te. E non costano follie, anzi: sono una carezza accessibile, un lusso umano.
Il laboratorio si trova in via Primo Maggio 12, a Marcialla. Nessuna insegna luminosa. Solo una porta di legno, da varcare su appuntamento. Perché qui non si vende, si crea e si racconta. E ogni cliente diventa un pezzo del racconto. Oppure puoi ordinarle dai suoi social.
“Il lavoro crea lo spazio che abitiamo nel mondo”, ci dice la storia di Mario, guardando le sue mani muoversi tra gli intrecci. E io penso che è vero. Che ci sono uomini che costruiscono grattacieli, e altri che ricuciono i fili invisibili della memoria. Mario è uno di questi. E in un tempo che corre e dimentica, lui si ferma e intreccia.
Intreccia bellezza. Intreccia futuro. Intreccia silenzi. E lo fa per tutti noi.
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Oggi vi racconto la storia dell’Azienda Agricola Solaria di Serena Andreini. Una storia che, incredibilmente, comincia a Londra. Come a Londra? — vi chiederete. Sì, proprio lì, tra i mattoni rossi di Camden e le luci ovattate di Notting Hill.
Serena viveva nella capitale britannica e lavorava come fotografa. Una vita creativa, piena, soddisfacente. Una di quelle esistenze che molti definirebbero “riuscite”. Ma non per lei.
Perché a un certo punto, sotto lo smog londinese e il rumore incessante del traffico, ha sentito emergere con forza la voce delle sue radici: la cultura contadina, quella della sua famiglia toscana.
Il desiderio di tornare si è fatto strada lentamente, come fanno le cose vere. Dopo un lungo viaggio intorno al mondo — tra nuove esperienze e scoperte agricole — Serena è tornata nella sua terra. E lì ha fondato Solaria: un’azienda agricola che profuma di futuro, ma affonda le radici in un passato profondo e autentico.
Oggi condivide questo sogno con il suo compagno Oscar Arena, esperto treeclimber — uno di quelli che potano gli alberi legati e sospesi tra i rami. È lui ad aiutare Serena nella gestione degli olivi. Il tutto, sotto la supervisione attenta e sorridente della loro figlia piccola.
Un angolo di paradiso nel cuore della Toscana
La storia che vi racconto è quella di un olio eccezionale, ma è anche molto di più. È la storia di un luogo che ha scelto di rinascere.
Solaria si trova a Murlo, nel cuore della Riserva Naturale del Basso Merse: una terra selvatica e dolce allo stesso tempo, modellata dal vento e dai secoli. Qui il bosco abbraccia i campi, i corsi d’acqua sussurrano leggende, e il silenzio parla con la voce antica dei contadini di una volta.
È in questo scenario che Serena ha scelto di fermarsi. Di mettere radici. Di restituire vita a una terra che sembrava dimenticata, abbandonata.
Con pazienza e visione, ha recuperato oliveti abbandonati, riportato alla luce erbe officinali dimenticate, accolto le api come alleate silenziose di un progetto più grande.
Cinque ettari di armonia
Solaria si estende su cinque ettari di natura viva, a 400 metri sul livello del mare. Qui, ogni gesto agricolo è un atto di rispetto verso la terra.
L’olio extravergine d’oliva che nasce da questi ulivi è intenso, sincero, come la terra che lo nutre.
Intorno agli olivi, ondeggiano al vento campi di lavanda ed elicriso, profumati come un respiro profondo. Sono il segno tangibile dell’impegno per un’agricoltura biologica e rigenerativa. Le api, viaggiatrici instancabili, raccolgono nettare da fioriture spontanee, producendo un miele che ha il sapore dell’autenticità.
Solaria: un altro modo di abitare il mondo
Solaria non è solo un’azienda agricola. È un modo di abitare il mondo.
È un laboratorio vivente, dove l’equilibrio tra uomo e natura non è un’utopia, ma una pratica quotidiana.
Ogni prodotto nasce da scelte etiche, da un’agricoltura che si prende cura del suolo, della biodiversità, delle relazioni umane.
È la testimonianza concreta di come si possa vivere in armonia con l’ambiente, generando valore, bellezza, futuro.
Tradizione e innovazione
Serena non ha semplicemente ereditato una tradizione: la sta reinventando.
Ha preso la cultura contadina della sua famiglia e l’ha fusa con le conoscenze raccolte in giro per il mondo, trasformandola in qualcosa di nuovo, di radicato e insieme innovativo.
In un’epoca in cui tutto sembra sfuggire, questa piccola azienda ci insegna che tornare alla terra può essere il gesto più rivoluzionario.
Solaria è questo: un ritorno, una visione, una dichiarazione d’amore per la Toscana, per la natura, per il tempo lento delle cose fatte bene.
Un olio che sa di casa
Posso dirlo anche per esperienza personale. Ho comprato l’olio di Serena a dicembre, e da allora ha accompagnato tutto il nostro inverno e questo inizio di primavera.
Un olio eccezionale, dove si sente tutto il profumo della Toscana: l’erba fresca, il sole sui colli, il vento che attraversa gli oliveti.
Ha quella giusta piccantezza che non copre, ma risveglia. Come un richiamo profondo alla terra, al gesto antico di spezzare il pane e condividerlo.
In ogni goccia c’è una storia, un paesaggio, un volto. C’è la forza silenziosa di chi ha scelto di tornare, di resistere, di coltivare futuro.
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📍 Sito web: www.agricolasolaria.it
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Un angolo di Toscana ti aspetta, tra olivi, api, lavanda e un olio che racconta una storia vera.

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Per noi di “Io Compro Toscano!”, un’azienda non è solo una Partita Iva.
È un respiro. È una storia. È un volto segnato dal sole o da un’intuizione, un gesto antico che si fa moderno. È una radice che tiene salda la terra. Le imprese locali, le nostre imprese, coevolvono con il nostro paesaggio: disegnandolo, abitandolo, salvandolo.
Da questo blog cominciamo a raccontarvele, una ad una. Le aziende. Le idee. Le mani. Le persone. Le storie.
Oggi vi parlo di Fili di Lana, una delle prime realtà che si è avvicinata al nostro cammino. L’ho conosciuta attraverso Francesca Vannini, che spesso racconta con dolce passione i suoi tessuti, i suoi capi, quelli che portano il nome, un marchio, Vertigo Firenze.
L’azienda nasce nei primi anni Duemila, a Calenzano, in provincia di Firenze, per visione e volontà di Elio Guetta, il marito di Francesca Vannini. In via delle Calandre 49, in un capannone che pulsa di vite artigiane, prende forma una piccola rivoluzione silenziosa: qui si lavora solo con filati pregiati locali e nazionali, scelti con maniacale attenzione. Cashmere. Lana merinos. Alpaca. Lino.
Niente viene da lontano. Tutto respira Made in Italy, nella sua forma più autentica. Filiera corta, tracciabilità, rispetto per l’ambiente. Bellezza sobria e resistente. Una realtà seria che crea lavoro locale, crea economia e tiene alto il nostro nome nel mondo.
Mentre Francesca mi racconta, sento che non parla solo di tessuti: parla di sé, della sua famiglia. Dell’orgoglio con cui difende un prodotto di qualità, tessuti e prodotti scelti anche da grandi marchi di cui non posso svelare i nomi, ma vi garantisco davvero grandi marchi anzi brand come usa oggi. Ed il suo racconto si estende al suo Outlet, motivo di orgoglio, aperto al pubblico accanto al laboratorio: un luogo vero, accessibile, pensato per le persone, per i commercianti, per chi ama ciò che dura. Qui trovi stole, carrè, foulard, mantelle, plaid e pareo. Roba che ti si attacca al cuore, che senti tua, che vive con te. E che costa il giusto, perché la qualità non deve essere un lusso. Una visita fatecela, anche solo per vedere la bellezza di certi prodotti che in questo spazio sono veramente accessibili a tutti.
Quando entro nella sala produzione e vedo i telai muoversi, sento qualcosa. È come guardare la memoria mettersi in moto. È la sapienza che si muove tra le trame. È la risposta silenziosa, ma potentissima, alla fast fashion. Qui non trovi abiti che sono già rifiuti mentre li acquisti trovi prodotti con un'anima a cui affezionarsi, con cui condividere preziosi attimi di vita.
Francesca mi racconta un simpatico episodio: un giorno, la chiamano da La7. Lei, pensando fosse uno scherzo, risponde di scrivere una mail per ordinare qualcosa. Ma erano davvero loro.
Da allora i suoi capi sono apparsi in TV, indossati da giornalisti, attrici, volti noti. Poi è arrivato anche Sky, con la trasmissione Pole Position, dedicata alle eccellenze italiane. Un riconoscimento meritato, arrivato senza scorciatoie, solo con il lavoro e la serietà.
Sì, perché Fili di Lana è un’impresa familiare, ma è anche qualcosa di più. È una forma di resistenza gentile. Un modo per dire al mondo che si può ancora creare bellezza, qualità, cura.
E mentre mi allontano da Calenzano, camminando tra il rumore lontano dell’autostrada e le colline che fanno da sfondo, mi porto addosso quella gratitudine antica che si prova davanti a chi fa bene le cose, davanti a chi non ha ceduto alla fretta compulsiva di questa epoca.
Siamo fieri, noi, di raccontare storie così. Perché se perdiamo queste imprese, non perdiamo solo lavoro: perdiamo pezzi di noi. Si spegne l’economia, certo, ma insieme si spegne la possibilità di vivere in un mondo più giusto, più bello, più duraturo.
Me ne vado, come ogni volta in cui varco la soglia di aziende così, con un senso doppio nel petto: da un lato rincuorato, perché esistono ancora realtà capaci di creare prodotti unici, autentici, meravigliosi; dall’altro amareggiato, perché sento con forza che non basta ammirarle, dobbiamo difenderle.
Perché la bellezza del prodotto italiano sta tutta lì: nel non essere mai omologato, mai banale.
Andateci, vi prego. A Calenzano. Parlate con Francesca.
E toccate con mano cosa vuol dire, davvero, un prodotto toscano.
Contatti:
www.filidilana.com